Psicologia e Apprendimento

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Cosa provano i genitori quando viene diagnostica al figlio la dislessia?

Prima di iniziare a parlare delle cinque fasi che si affrontano per arrivare alla consapevolezza della dislessia, è molto importante sapere bene che cosa si intende, ma soprattutto a che cosa si va incontro quando si riceve una diagnosi di questo disturbo.
La dislessia rientra nella classificazione dei disturbi specifici dell'apprendimento (DSA). Essa si manifesta con una minore correttezza e rapidità nella lettura ad alta voce rispetto a quanto atteso per età anagrafica e istruzione ricevuta. Possono, quindi, risultare più o meno deficitarie la lettura di lettere, di parole e non-parole (ovvero parole prive di significato e inesistenti nella nostra lingua, che ci costringono a una lettura "pura", perché non possiamo intuirle e quindi leggerle correttamente con l'aiuto del contesto), di brani.
Quando viene fatta una diagnosi di dislessia, la prima cosa che di solito si fa è andare a leggere che cosa comporta. Quello che la dislessia causa l'abbiamo scritto qualche riga sopra; quindi, dopo aver letto queste cause è normale che un genitore o comunque un tutore del bambino\a a cui è stata fatta questa diagnosi si demoralizzi e incomincia a pensare che il proprio figlio non riuscirà mai a leggere e che perderà degli anni scolastici. Con questi pensieri ci inoltriamo nella prima fase, cioè la negazione. Per i genitori è difficile accettare che il proprio figlio non riesca a leggere, ma la cosa forse ancora più difficile è non accettare il fatto di non essere stati i primi ad accorgersene. Se loro non l'avevano notato, come poteva loro figlio avere un disturbo dell'apprendimento? Il loro bambino così intelligente, che faceva sempre domande sul mondo perché era curioso.
Con le giuste tempistiche però i genitori arrivano a capire che una diagnosi di dislessia con i giusti strumenti compensativi può garantire al bambino un'adeguata istruzione. Ma quando questo non avviene, quando la famiglia non si sente supportata, si entra nella seconda fase: la paura per il percorso scolastico futuro. Ovviamente non tutte le scuole sono carenti nell'ambito degli strumenti compensativi, ma ogni tanto è necessario che un'insegnante vada a ripassare i manuali - proprio come fanno gli studenti quando devono rispolverare argomenti che non sono stati ri-consolidati da tempo. Quando la scuola non supporta le difficoltà che emergono di un soggetto DSA, va a lenire in maniera drastica la sua autostima e gli può procurare anche degli stati ansiosi che un bambino non dovrebbe sperimentare. Un bambino che non viene seguito nella giusta maniera può tornare a casa lamentandosi di avere mal di testa, mal di pancia e arrivando addirittura a sentirsi di essere il bambino più stupido della classe. La situazione si complica ulteriormente se una volta arrivato a casa il bambino continua a non venire capito e si sente rispondere dai suoi genitori, a tutti gli sforzi che ha fatto a scuola ma anche a casa, che non ci sta provando, che non si sta impegnando abbastanza.
Si giunge così alla fase tre: la contrattazione quando il genitore finalmente si accorge dello stato d'animo del figlio e decide di mettersi in gioco lui per primo, incominciando ad accettare il fatto che c'è un problema concreto.
In questo modo si raggiunge la fase quattro: la demotivazione - che è però temporanea, e dobbiamo tenerlo bene a mente. È la fase durante la quale il genitore ha finalmente capito che suo figlio non riesce a leggere non perché sia pigro e svogliato ma proprio perché non ce la fa. Arrivati a questo punto è giusto prendersi un momento per elaborare il tutto, ma non è attraverso la commiserazione che la situazione migliora. Sarà, infatti, grazie alla fase cinque ovvero: l'accettazione che le cose miglioreranno. La diagnosi, in questa fase, diventa finalmente reale e tangibile e si incominciano così a fare delle cose concrete per aiutare il bambino, seguendo le indicazioni degli specialisti, che sono basate su solide esperienze e ricerche effettuate con il metodo scientifico. Avere un tutor specializzato che lo aiuti a potenziare le funzioni esecutive risultate deboli, o ad acquisire i giusti metodi di studio può fare la differenza.
Una volta giunti, quindi, alla quinta fase e applicati i giusti strumenti e strategie si potrà vedere un cambiamento drastico nel bambino. Nel momento in cui vostro figlio inizierà a sentirsi meglio, questo succederà anche a voi.
 

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