Psicologia e Apprendimento

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Psicologia e Apprendimento

La relazione fra memoria ed emozioni

Ci sono momenti della vita che rimangono impressi in modo particolarmente vivido nella nostra memoria, tanto che abbiamo quasi l'impressione di poterli rivivere semplicemente ripensandoci. Questo vale sia per ricordi positivi, come ad esempio il primo bacio, sia per ricordi di esperienze negative, come una figuraccia che abbiamo fatto di fronte a tutta la classe.
Tuttavia, tendiamo anche a dimenticare certi eventi che per noi non sono stati particolarmente importanti. La possibilità di dimenticare è un aspetto fondamentale della memoria, infatti, se ricordassimo ogni esperienza il nostro cervello sarebbe sommerso di informazioni e ciò andrebbe a discapito del suo buon funzionamento. Ma sulla base di quale meccanismo il nostro cervello decide di selezionare un evento autobiografico e di sedimentarlo nella nostra memoria? La risposta può essere rintracciata in una esperienza comune a tutti noi: le emozioni. Molti studi sul rapporto fra emozioni e memoria indicano la presenza di un effetto definibile come curva ad U inversa, in cui le esperienze che non sono accompagnate da un significativo coinvolgimento emotivo non sono in grado di suscitare in noi un livello adeguato e di attenzione e hanno una maggiore probabilità di venire codificati come non rilevanti; al contrario, gli eventi vissuti con una partecipazione emotiva di livello medio-alto vengono catalogati come importanti e per questo vengono conservati nel corso del tempo. In generale, dunque, le esperienze ripetute ed emotivamente intense hanno un impatto maggiore sui nostri circuiti neuronali, per cui i ricordi emotivamente più intensi e carichi di valore possono essere riattivati più facilmente. In sostanza l'emozione comporta processi modulatori che favoriscono la formazione di nuove sinapsi attraverso un aumento della plasticità neuronale.
Tuttavia, nel corso della nostra vita possiamo andare incontro ad esperienze coinvolgenti dal punto di vista emotivo o anche traumatizzanti. Sulla base di questo meccanismo, le esperienze soverchianti e terrorizzanti possono stimolare dei meccanismi che portano ad una inibizione dei processi di memoria esplicita, determinando un blocco nella codifica di tali eventi. Gli effetti che le esperienze possono avere sulla memoria dipendono dal grado di stress a cui sono associate: uno stress molto intenso può provocare un blocco delle funzioni mnemoniche. Tali effetti dello stress sembrano essere mediati da specifici processi neuroendocrini con cui il nostro organismo reagisce allo stress, attraverso l'attivazione dell'asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Lo stress determina il rilascio di sostanze che vanno ad agire direttamente sul funzionamento dell'ippocampo, una zona cerebrale fondamentale per la nostra memoria. Inoltre, può accadere che durante una esperienza traumatica le persone possono concentrare la loro attenzione su aspetti non traumatici dell'ambiente o prodotti della loro immaginazione, per cercare di sfuggire parzialmente alla situazione. In questi casi alcuni elementi dell'esperienza traumatica verranno codificati a livello implicito. Si verifica quindi una dissociazione tra memoria implicita ed esplicita.
Questo fenomeno ci permette di capire la complessità del nostro sistema nervoso, che è influenzato non solo da processi cognitivi, ma anche dalle esperienze emotive ed affettive che possiamo vivere quotidianamente. 


Bibliografia:

Siegel D.J (2021). La mente relazionale, Neurobiologia dell'esperienza interpersonale, Raffaello cortina Editore.

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