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Gravidanza e maternità: come cambia il cervello delle mamme

Il passaggio alla maternità rappresenta un importante evento della vita, che riflette una nuova fase di sviluppo per le neomamme, connotato da cambiamenti biologici e psicologici. La matrescenza è quindi un momento in cui il cervello e il corpo si preparano alla transizione verso la maternità, per garantire al nascituro una buona crescita e una nascita sicura, predisponendo la madre a comportamenti materni.
Tuttavia, mentre i cambiamenti evolutivi dell'infanzia, dell'adolescenza e dell'invecchiamento sono oggetto di numerosi studi, l'impatto della maternità rimane ancora poco compreso. Fino a poco tempo fa si pensava che i cambiamenti della gravidanza, del parto e dell'allattamento si risolvessero completamente nel periodo postpartum. In realtà, la transizione alla maternità è associata a cambiamenti ormonali, neurali e cognitivi sia a breve termine (gravidanza e periodo postpartum) che a lungo termine (metà e tarda età). La neuroplasticità della matrescenza costituisce un periodo di sviluppo neurologico sensibile, in cui il cervello è pronto ad acquisire nuove abilità e conoscenze. I cambiamenti cerebrali associati alla gravidanza sono legati al maggiore rilascio di certi ormoni, ad opera della placenta: estradiolo, progesterone e corticosterone aumentano durante la gestazione per poi diminuire nuovamente durante il travaglio o il parto. Questi ormoni vanno ad influenzare la neuroplasticità e la neuroinfiammazione in alcune aree cerebrali, come quella dell'ippocampo, che mostra una drammatica ristrutturazione durante il periodo del peripartum. Infatti, circa l'80% delle neomamme riporta esperienze soggettive di declino cognitivo durante il passaggio alla maternità. Questi declini auto-riferiti riguardano una serie di domini cognitivi, tra cui memoria e concentrazione. Bisogna però ricordare che, in aggiunta, l'adattamento emotivo necessario per prepararsi all'arrivo di un nuovo bambino porta molte future mamme a preoccuparsi di questo importante passaggio di vita. La gravidanza può anche essere accompagnata da ulteriori fattori di stress, tra cui il cambiamento delle relazioni, l'immagine corporea, l'adattamento ad un nuovo ruolo sociale e la preoccupazione per il travaglio e il parto, che hanno sicuramente un impatto importante sulla prestazione cognitiva. Una traiettoria di rinormalizzazione cognitiva sembra verificarsi all'inizio del postpartum, seguiti da recupero cognitivo e persino alcuni miglioramenti cognitivi al momento dello svezzamento. Si ritiene dunque che questa ristrutturazione determini un costo iniziale per la memoria, con benefici che emergono però a lungo termine, rappresentando la ridefinizione delle priorità di informazioni cruciali. Infatti, nel periodo del postpartum la madre va incontro ad una amplificazione dei sensi: l'udito viene potenziato e permette di distinguere il pianto e la voce del proprio bambino in mezzo ad altri suoni, inoltre, la vista migliora per permette di identificare eventuali pericoli per il bambino. Un altro cambiamento ormonale importante nel periodo postpartum è legato all'ossitocina, detto anche ormone dell'amore, che ha un ruolo chiave nella creazione del legame fra madre e bambino: le ricerche hanno mostrato come le madri che allattano al seno per almeno tre settimane, grazie ad una maggiore produzione di ossitocina, risultino meno ansiose, più calme e socievoli.
Alcuni studi suggeriscono che la maternità influenzi il cervello in modo simile ad un ambiente arricchito. L'arricchimento ambientale si riferisce a condizioni abitative che implicano una maggiore stimolazione sensoriale, cognitiva, motoria o sociale, con un impatto positivo sulla formazione di connessioni neurali, dunque, l'esperienza materna può essere stimolante e protettiva per la salute del cervello. Due elementi principali di un ambiente arricchito sono la complessità e la novità, entrambi aumentati nell'ambiente di cura umano, dove le neomamme devono affrontare nuovi compiti e comportamenti legati ai bambini.

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